Dal porto fino ai lidi sabbiosi e alle acque limpide della costa sud, attraversando un tratto di territorio che racchiude gran parte della storia del vino Marsala.
Cominciare da qui non è casuale, se si pensa che nel 1816 Woodhouse fece costruire nel porto un lungo molo: lo stesso dove, nel 1860, sbarcarono Garibaldi e i Mille. Il porto è oggi commerciale e peschereccio, ma anche punto di partenza di motonavi e aliscafi che raggiungono le isole Egadi.
I cantieri navali danno l’idea di un settore attivo: la pesca, tra problemi piccoli e grandi, è fonte di reddito per armatori e marinai marsalesi, pochi i giovani. Il porticciolo turistico è più avanti: quattro pontili, quasi duecento posti barca, in bici o a piedi un salto in centro è immediato. L’area limitrofa è attrezzata per i camper.
Negli stabilimenti enologici, tanti tra il lungomare e la via Sebastiano Lipari (che si congiunge alla statale 115 Marsala-Mazara), si sentono gli odori del Marsala: si rievocano le imprese di Woodhouse, Ingham, Withaker, Florio. Scrive Raleigh Trevelyan nel suo “Princes under the Volcano“: «Il primo Woodhouse era giunto da Liverpool nel 1770, a quanto risulta per cercarvi la barrilla, ottenuta dalla combustione delle alghe attorno alle saline di Trapani… (da cui si ricavava la soda utilizzata per fabbricare vetro e sapone). La prima spedizione di vino da parte del vecchio Woodhouse aveva avuto luogo nel 1773; diretta a Liverpool, era stata per un totale di trentaseimila litri. Allo scopo di ottenere una buona conservazione del vino durante il viaggio (della durata di un mese), il vecchio Woodhouse vi aveva aggiunto alcool nella misura di due litri per ogni cento di vino… Il suo era un semplice esperimento, ma quel liquido inebriante si vendette senza difficoltà».
Allora il Marsala non era ancora noto, si commercializzava come vino “ad uso di Madera”, assimilandolo al famoso prodotto spagnolo pur di piazzarlo nei mercati esteri. Testimonianza dell’industria inglese sul lungomare è oggi Baglio Ingham, notevolmente deteriorato. La Palazzina, all’interno, è imponente, l’architettura ricercata, ma il tempo scorre inesorabile. Ammirandolo. sia pure a distanza, si coglie il ritmo… martellante dei bottai, la cui attività si sviluppò all’interno dei bagli e divenne talmente florida che il “mastro bottaio” era considerato un “buon partito” per qualsiasi donna («Abballacci la matri, chi mastru dí bagghíu è!»).
Il vino Marsala ha quasi un secolo di vita quando sbarca Garibaldi. Lui lo degusta, apprezza quello dolce. Alcune aziende lo producono e lo commercializzano ancora con l’etichetta Marsala Garibaldi Dolce. Il percorso supera l’area industrializzata. si immette nel tratto curvilineo, costeggia la barriera frangiflutti. Si notano piccoli pontili in legno, barchette ormeggiate, alghe stagnanti tra ciuffi di macchia mediterranea. Poi canneti, case sparse e vigneti che coprono piccoli fazzoletti di terra.
Il mare ha colori stupendi: l’azzurro è intenso, il verde a chiazze, il bianco se le acque si increspano. Al primo lido attrezzato cumuli di alghe, piccole insenature. fiori spontanei, dune di sabbia, un ampio golfo. Lo sguardo spazia fino agli altri lidi, all’ultima lingua di terra: Torre Sibiliana è sullo sfondo. Il mare ora si nasconde. scompare tra villini con tappeti verdi e residence di nuova costruzione. Poi un altro stabilimento balneare, altre distese di sabbia, i tetti bassi delle case: rustico e moderno insieme. Un breve tratto di spiaggia libera e un altro lido attrezzato. L’incrocio chiude il nostro viaggio. Più avanti Petrosino, a sinistra, sulla statale 115, passa l’itinerario “Tradizioni popolari e religiose”.